Michael Bublé

Il crooner canadese in Italia a settembre per due concerti al MediolanumForum di Milano, tappe di un tour mondiale che sa di rinascita, artistica e personale

Se chiedeste a Michael Bublé di raccontarvi gli ultimi tre anni della sua vita, è probabile che la risposta sarebbe la stessa confessata nel corso di un’intervista all’Herald Sun: “Un viaggio all’inferno”. Come biasimarlo: nel 2016 i medici diagnosticano a suo figlio Noah, allora di soli 3 anni, un cancro al pancreas. Difficile per un padre non sprofondare, se poi si è anche artisti l’idea di mollare tutto per concentrarsi su ciò che è veramente importante a discapito della carriera è più che giustificabile.

Per fortuna la vita, così come ha la capacità di condurti all’improvviso in strade oscure, apparentemente senza fine, allo stesso modo riesce a illuminarti la via d’uscita. E ora che per il piccolo Noah il peggio sembra passato, il crooner canadese torna in pista con un tour mondiale partito lo scorso febbraio da Tampa, Florida, e atteso in Italia il 23 e 24 settembre al MediolanumForum di Assago (Mi). Due appuntamenti che sanno di rinascita per un performer capace di tenere grandi arene nel palmo della mano con quello stile che da sempre omaggia il groove di grandi classici del passato con arrangiamenti moderni.

“Non mi aspettavo di tornare a cantare e mi andava bene così. La mia visione del mondo è completamente cambiata in questi ultimi anni” dichiara Bublé, che prima di tornare sul palco e inaugurare il rientro con una serie di concerti a Dublino, Londra e Sydney davanti a 150 mila fan, ha rimesso piede in studio per incidere l’album Love: un titolo che è parafrasi perfetta della forza che ha tenuto insieme la sua famiglia durante la terribile esperienza.

L’ispirazione si è riaccesa partendo dalle cose semplici, come una serata in compagnia dei membri della sua band. “Dopo esserci annoiati con pizza e videogame abbiamo iniziato a suonare. Si è creata una jam session che ha fatto riscattare il click. È stato allora che ho capito quanto mi mancasse la mia musica”.

Musica che sembrava dimenticata, persa e per questo ancor più magica una volta riafferrata. Ha sempre cantato di amore Bublé, ma è facile comprendere quanto e perché l’ultimo disco abbia trasportato il concept in una dimensione ancora più intima: “Non mi sentivo così libero dall’inizio della mia carriera, quando l’unica cosa importante era fare il mio lavoro al massimo delle mie potenzialità. Ho molte storie da raccontare con questo disco, che per me è stato terapeutico. È tutto in queste canzoni. Ho voluto creare una serie di brevi storie cinematografiche per ogni brano che ho scelto, in modo da farle vivere individualmente. Sono molto orgoglioso del risultato”.

Con 60 milioni di album venduti in tutto il mondo e 4 Grammy Awards, il cantante poteva già vantare una carriera invidiabile, ma oggi tutto assume un peso ancora maggiore, come spesso accade quando si attraversa una sorta di seconda fase artistica (e personale). Ad accompagnarlo, gli amori di una vita, ora più uniti che mai: la moglie Louisana, conosciuta in Argentina e compagna di un rapporto nato a distanza, e tre bellissimi figli, Vida, l’ultima arrivata, Elias e, naturalmente, Noah. Il “supereroe” che ha sconfitto il più cattivo dei cattivi.

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