Il prisma in copertina non c’è, ma c’è la luce scomposta in un arcobaleno, sul volto di Marco Mengoni. Impossibile non pensare ad una delle copertine più famose (la più famosa?) della storia del rock: “The Dark Side of The Moon”. I gradi di separazione tra Marco Mengoni e i Pink Floyd sono meno di quelli che si possono ipotizzare: “Il titolo l’ho scelto indipendentemente dall’anniversario dell’album”, aveva raccontato il cantante, che in occasione di Eurovision aveva mostrato una maglietta della band che usa la notte per dormire: “spero porti fortuna”.
È funzionato: "Dovrei comprarne un'altra", scherza Marco Mengoni: Eurovision è andato bene, il terzo album in meno di due anni è pronto, la trilogia è chiusa. Dopo la “Terra” e la “Pelle”, è la volta del “Prisma”. Non è l’album sulla sua dark side, ma è un album che unisce introspezione con un'atmosfera "clubby". Il prisma è un filtro sulle emozioni e sulla musica: "Questo è un disco con molta più attenzione alla dimensione ritmica, e ho giocato anche con la mia voce filtrandola con dei plug-in, facendo da prisma appunto alla mia voce”. Ma è anche "Un disco in cui sono un po' arrabbiato: per non sapere dire di no, perché vorrei un mondo diverso, perché le persone non entrano completamente in connessione. Ho pensato, vissuto e scritto questo album analizzando stati d’animo e comportamenti, da quelli più carnali o poco razionali, ma anche quelli abituali e conosciuti, cercando di mostrare una visione filtrata di quel che la natura umana mi ha mostrato”.
La fine della trilogiaA poco a un anno e mezzo da “Materia (terra) e 8 mesi da “Materia (pelle)”, si conclude la trilogia. Che rimarrà tale e non avrà un seguito: “Ho imparato da questa trilogia che non ne farò più un’altra…”, scherza. “Quando fai un disco unico è qualcosa che puoi chiudere, ti prendi il tempo per pensare. In questo caso c’erano cose che volevo raccontare che non potevano stare in un album solo”. Un lavoro così ampio “è un’analisi continua di te stesso e degli altri, senza staccare mai. Questa costanza ti porta a stancarti”, racconta.
Metteteci in mezzo i primi stadi nel 2022, la vittoria a Sanremo nel 2023, poi Eurovision, poi gli altri stadi questa estate e un tour europeo nelle arene e nei palazzetti in autunno. “Io non so ancora come riesco a parlare e come riesco a dire frasi di senso compiuto”, sorride. “Sono un privilegiato, faccio delle cose fighissime… Ma al prossimo che mi dice: ‘Tanto tu canti’, prima lo abbraccio - non violenza, sempre - poi lo incenerisco con un’occhiata. È un lavoro che passa dall’emotività, non è semplice gestirla”, racconta.
“È un anno che non ho una vita personale, perché quando arrivi a casa vuoi avere un momento per te, esserci e staccare. Io cerco di seguire tutto in prima linea, ed è un lavorone. Mi sono divertito moltissimo, non mi aspettavo né quello che è successo a Sanremo, né l’accoglienza a Eurovision: ho studiato moltissimo l’inglese per godermela. Da uno a 10, sono soddisfatto 100”.
Le collaborazioni, da Calcutta a Elodie ed ErniaOltre a “Due vite” - che apre nel disco nella versione sanremese- ci sono diversi featuring. Il primo è il nuovo singolo “Pazza Musica”, con Elodie, una sorta di tormentone senza averne le caratteristiche classiche: “Siamo un po’ in controtendenza, non abbiamo messo ritmi latino americani. Elo è un’amica, condividiamo un po’ di ansie e paure: speriamo che la musica ce le faccia passare”, spiega
E poi Ernia, con cui Mengoni aveva duettato in “Tutti hanno paura”; il rapper rende il favore in “Fiori d’orgoglio”, “È un amico, ha scritto uno degli album più belli degli ultimi 10 anni", racconta Mengoni. "La canzone è nato come un pezzo totalmente mio”, spiega - tanto che è presente in una doppia versione, anche “solista”. “È una canzone già melodicamente molto serrata, visto che la mia voce tende alla melodia e volevo sentire come la interpretava un rapper. Poi lui ha scritto una parte molto melodica, ci siamo trovati bene”.
Tra le collaborazioni autorali c’è Calcutta, che firma “Due nuvole” (in cui suona anche basso e chitarra): “È il pezzo che mi mette più gioia, ti senti davvero una nuvola: fa da contrappeso alle altre canzoni più introspettive". C’è di nuovo Fabio Ilacqua, che co-firma “The damned of the earth”, ispirato da un libro del filosofo Frantz Fanon: “Con Fabio ci compensiamo completamente, come in un puzzle, è una delle persone di questo lavoro a cui voglio più bene, è come un mentore per me e credo lui lo pensi di me anche se sono più giovane e ho meno libri letti. Riesce a mettere a posto i miei pensieri meglio di me: superficialmente è sempre rimasto ad un certo tipo di musica, ma poi si lascia trasportared alle cose che gli faccio ascoltare io".
Il tour, il futuroLe prossime mosse? Il tour: partenza con la data zero 17 giugno a Bibione, poi stadi a Padova, Salerno, Bari, Bologna, Torino, ritorno a San Siro e chiusura al Circo Massimo il 15 luglio, poi in autunno in Europa, con partenza da Barcellona iil 18 ottobre. "Il tour fa parte dello stesso progetto, ma muterà e cambierà, sia per 'Prisma', sia perché avrei comunque voluto cambiare scaletta”, spiega Mengoni. Poi un viaggio, anzi vivere un po’ all’estero: “Sto benissimo a Milano, ma ho bisogno di respirare altra aria. L’Eurovision mi ha confermato quanto mi piace avere questi contatti, parlare con tutti. Ti apri un sacco il cervello”
Marco Mengoni: "Un prisma per filtrare emozioni e musica"
